Ritengo che solo dall’osservazione concreta della realtà si possa avviare una analisi delle difficoltà del nostro presente per poi cercare di risolvere le grandi questioni e gli importanti problemi del nostro Paese; e non c’è dubbio che una delle emergenze più gravi in Italia oggi sia il problema della precarietà.
Essere un giovane laureato plurispecializzato, sfortunatamente, non significa avere un posto di lavoro sicuro, base fondamentale su cui costruire e progettare un futuro; un contratto a tempo indeterminato, con le garanzie conquistate in decenni di storia e di lotte, è un miraggio paragonabile alla vincita di una lotteria. Paradossalmente, il problema riguarda in special modo quelle fasce di giovani che hanno investito molto tempo nella formazione e negli studi universitari.
In Italia ci sono molti specializzati che non riescono ad inserirsi stabilmente nel mondo del lavoro; ad esempio, i giovani insegnanti, prima di entrare nelle graduatorie professionali, devono seguire un lungo percorso formativo che, una volta conclusosi, garantisce solo un interminabile periodo di precariato senza alcuna certezza di inserimento organico nel mondo della scuola.
Tralasciando il celeberrimo esempio dei lavoratori dei call center, dove non si fa nessuna retorica classista nell’affermare quanto questi giovani siano “sfruttati, mal pagati, frustrati”, il mondo dei precari è una massa silenziosa che non ha potere rappresentativo nella società, non ha diritto di parola e, nonostante alcuni tentativi del mondo sindacale, non ha alcuna possibilità concreta di essere difesa e tutelata.
Il mondo del lavoro è molto cambiato, non si tratta quindi di guardare nostalgicamente al passato, alla rigidità e alla mancanza di flessibilità: i giovani di oggi conoscono le lingue, sono mobili, intraprendenti, possono mutare nel corso di un percorso lavorativo la propria professionalità, migliorarla e trasformarla a seconda dei casi. Una flessibilità sana, non al servizio di chi sfrutta, ma al servizio di chi lavora.
Su alcuni punti il nuovo partito democratico dovrà essere rigido e non flessibile.
In particolare, dovrà esserlo sui diritti e sulla dignità del lavoro. Riportare al centro della discussione politica il lavoro ed i lavoratori, come perno della nostra società, può rappresentare una concreta svolta culturale per il nostro Paese.
Cataldo Russo
Movimento per il Partito Democratico - Lucca
mercoledì 22 agosto 2007
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2 commenti:
Molto bella la citazione... siamo proprio figli unici (soli).
date un'occhiata anche a http://grillorama.beppegrillo.it/schiavimoderni/download.php?item=schiavi-moderni
(dal sito di Beppe Grillo alcune esperienze di precariato)
pubblicato anche sul forum sezione dibattiti.
http://www.migliorforum.com/movimentopd/precarieta-vt409.html
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